Argillà 2014: ceramisti a Faenza
Da pochi giorni si è conclusa a Faenza l’edizione di Argillà 2014, una mostra-mercato sulla ceramica contemporanea europea. Nata come versione italiana del Festival francese di Aubagne, è ricca di eventi collaterali: performance, workshop e conferenze che invadono il centro della città.
Il primo stand che incontro al mio arrivo è quello di Nericata. Nericata è l’acronimo di Caterina, una ceramista astigiana che avevo già notato nell’edizione precedente; i suoi lavori in porcellana, spesso di minuscole dimensioni, sembrano piccoli tesori lasciati sulla sabbia quando il mare si ritira.
Vengo poi incuriosita da un ragazzo che mostra il funzionamento di una piccola teiera. Lui è Naoki Maeda, che divertito comincia a versare dell’acqua in una tazzina premendo poi il pollice sul coperchio riuscendo a bloccarne il flusso. Magia? No, basta fare un minuscolo foro sul coperchio! Bella idea!
Ci sono i lavori del team di Piero Mazzotti, ovvero FOS CERAMICHE, vasi e complementi d’arredo d’ispirazione marina davvero ostici da realizzare in porcellana.
Scorgo poi con piacere Terence (Terry) Davies, artista inglese molto gioviale (e che parla toscano!) che ci spiega come fa a creare quell’effetto particolare per cui è conosciuto, ovvero l’effetto a “pelle d’elefante”. Si tratta di una tecnica da lui sviluppata, e prevede che venga esercitata una pressione dall’interno verso l’esterno dell’oggetto (realizzato in gres) prima che quest’ultimo sia completamente asciutto. Questo crea le caratteristiche screpolature sulla superficie dei suoi vasi-scultura.
Jeremy Nichols invece utilizza una tecnica chiamata smaltatura “al sale”, che consiste nell’introdurre il sale nel forno alla fine del ciclo di cottura dello smalto. Mi spiega che non è una tecnica nuova, anzi la scoprirono in Germania diversi secoli fa, e per caso! Ai tempi si cominciò ad usare come combustibile per i forni le cassette di legno in cui venivano conservate le carni, per l’appunto, sotto sale.
Sian Patterson, un’esile ragazza scozzese, mi parla timidamente del suo lavoro al tornio. Mentre la ascolto sento che c’è molta corrispondenza tra la delicatezza del suo modo di fare e ciò che realizza, mi piace molto avvertire questa sincerità.
Termino Viale Baccarini con un mostro sacro della porcellana lavorata al tornio, Willy Van Bussel. Nel suo spazio regna un silenzioso ordine, i pezzi, perfetti, sono rigorosamente allineati. Sottilissimi, eleganti, impeccabili. A circondarli un’aura sacra, e un tantino funerea.
Fine prima parte.